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al testo di Federica Galetto
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Era abbastanza costante
L’andare e venire del ritmo Costretto nell’immobile rigidità del presente [ un’ora non è soltanto un’ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di propositi e di climi] Secca vena rimarginata di fresco I passi deserti delle cose e delle idee alle tempie battevano Così avveniva nel dimostrarsi meno duro al sentire che l’amo d’una rimembranza sfiorisse dopo il profumo (Un tovagliolo inamidato che) [aveva precisamente la stessa inamidata rigidezza dell’asciugamano con il quale aveva tanto stentato ad asciugarsi davanti alla finestra, il giorno del mio arrivo a Belbec] Rendeva possibile un corso di mite significanza E gioie insperate all’aprirsi d’un suono Davanti nulla spiegava l’evento Si svolgeva contratto e poi assolto dal buio Nella mente uno spiraglio di luce sognava tornando alle posate e ai piatti tintinnanti Rumori decisi a intrufolarsi fra silenzi senza ricordi [il passato è nascosto al di fuori del suo dominio e della sua portata, in qualche oggetto materiale che noi non sospettiamo] La bellezza di esser stati e di aver toccato e posseduto L’ematoma sciolto del tempo ora sui selciati Le paure dei giochi e una bambola rotta Un melo fiorito nella campagna distratta Batte forte il lampo contro vetri appannati Si raggiunge la cosa nella sua concretezza Dimenticata non più Adesso che balla il minuscolo lembo di stoffa alla gonna di mia madre [Dipende dal caso che noi incontriamo questo oggetto prima di morire oppure non lo incontriamo] |
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